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mercoledì 9 febbraio 2011

L'errore anarchico.

Oggi più che mai si sente il ritorno ideologico dell'anarchia. La storia ci insegna che sono fenomeni maggiormente frequenti in quei periodi di staticità intellettuale e di depressione finanziaria, quei momenti in cui si rivendica uno stato di agitazione sociale, sovente facinoroso e violento, che mira a ribaltare i meccanismi per garantire quella voglia di libertà sentita dalle persone più povere ed emarginate, soggette a soprusi, foraggiate dai coltivatori del sogno di una società libera e senza regole capitalistiche legate al consumismo frenetico.

Ora riflettiamo, la ricerca di libertà è un ideale facilmente condivisibile e chiunque ne diventerebbe subito partecipe, pronto a combattere per conquistare e mantenere la propria ed altrui libertà. Ma quale è il prezzo di tale principio, quando il proprio ideale e quello di tutte le altre persone coincide? Siamo sicuri che l'uomo nasce e cresce libero per esigenze biologiche piuttosto che per effetti sociali?

Di fronte a questi dubbi non posso che rivolgermi all'osservazione delle regole che la natura ci offre, giacché per trovare soluzione al mio ragionevole dubbio appaiono le più autentiche e quindi fonte di riferimento.

Il mondo animale, se osservato senza preconcetti, ci fa vedere le combinazioni di regole di sopravvivenza che le varie specie adottano in autonomia, raramente l'essere è singolo, esistono i gruppi e le famiglie, quindi sovente si trovano esempi primitivi delle nostre regole sociali. Ci sono anche esempi di tolleranza e cooperazione, capi branco e gregari, leader e speculatori.

Quindi deduco che la libertà non esiste in natura, mentre esiste l'egoismo e l'individualismo, esiste chi aggredisce e chi viene aggredito, esiste quella cosa comunemente detta sopravvivenza.

Cosa ci rimane di naturale? Potrei citare le caratteristiche fisiche, l'intelligenza, la salute, la malattia e tanto altro. Ma ancora non vedo libertà individuale e tanto meno collettiva.

Con quale giustificazione posso quindi rivendicare la lotta anarchica per ottenere la liberazione delle masse dalla tirannia politico-capitalista? La struttura di partenza e fragile, ed ancora di più il metodo, se è vero che con la lotta (armata o ideologica) non si fa altro che invadere la libertà altrui, imprimendo in modo violento una opinione che sfocia in soffocamento delle altre opinioni, in altra tirannia per ottenere libertà, arrivando al paradosso dell'anarchia!

Quindi i meccanismi della libertà individuale non possono passare dalla violenza, ma piuttosto dal pensiero individuale, dalla crescita interiore che porta alla crescita collettiva, all'emancipazione personale e di gruppo.

Ma ritorniamo alla natura delle cose, siamo sicuri che questa libertà sia un'esigenza collettiva? Chi ha detto che l'uomo non può nascere padrone o schiavo? Ricordiamo quelle caratteristiche naturali dette prima, ovvero le basi di quel meccanismo di sopravvivenza e competizione che già si trova nel regno animale. Allora questi meccanismi, se applicati alla nostra società, non sono mica tanto lontani dalle comuni regole sociali. L'uomo può liberare se stesso con la cultura o con la forza, ma non può liberare un suo simile perché non è sempre certo che quella sia la sua esigenza naturale.

Per capire meglio introduciamo il concetto di “finzioni sociali”, quello che ci appare ovvio in quanto consueto, ma non necessariamente giusto e naturale.

L'errore dell'anarchico è proprio questo, confondere i bisogni naturali con le finzioni sociali, delle quali egli stesso è artefice e vittima inconsapevole. Le finzioni sociali sono quelle regole che portiamo addosso e si chiamano consuetudine, costume, regolamento.

Ora vediamo se si può rivendicare ed ottenere l'abbattimento delle finzioni sociali. Personalmente ho forti dubbi, in quanto lo stile di vita fin qui raggiunto ha portato un benessere diffuso inimmaginabile un secolo fa, la speranza di vita è cresciuta vertiginosamente negli ultimi decenni, l'uomo riesce quasi a sovvertire quelle caratteristiche naturali per cui egli stesso nasce.

Rinunciare alle finzioni sociali appare proponibile ma di difficile attuazione. Cosa lasciare e cosa mantenere? Ritorniamo al concetto di libertà individuale, per me aboliamo i tutti i codici legislativi, per un altro aboliamo la cura dei malati, per un terzo eliminiamo i confini politici e creiamo un unico stato, anzi nessuno stato!

Visto dove siamo arrivati? Questa è una chiara esigenza di democrazia, dialogo, esigenze collettive risolvibili con lo studio per porre soluzioni e adattamenti che creino regole di buona sopravvivenza. Ma questo non è il DNA della politica? Essere al servizio della gente per soddisfare le esigenze del popolo.

Allora si svernicia con la forza un legno, procurandogli lacerazioni, per poi ridargli lo stesso colore?

Possiamo andare avanti senza politica? Si, ma per fare questo tante persone devono discuterne, altrimenti è uno che decide per tutti.

Qui il concetto passa per il faceto, in quanto è provocatorio tanto quanto illusorio, quale movimento anarchico è in grado di rivendicare la scelta perfetta? E comunque sarebbe una scelta collettiva da imporre ad altri? E questo non è un chiaro esempio di sopruso?

L'errore dell'anarchico e semplice, chiaro e tremendamente banale: l'anarchia è la base di tutte le dittature.


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