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domenica 20 marzo 2011

Guerra alla Libia

Dopo l'intervento militare internazionale contro la Libia, stavo per scrivere un post su quanto vedevo e che nessun cronista ancora aveva scritto. Premetto che condanno totalmente la figura di Gheddafi, ma devo comunque considerare che questo intervento di guerra, che vede impegnati da un lato un neo-premio Nobel per la pace (Obama) e dall'altro uno stato con ancora troppe ombre sul cielo di Ustica (Francia), mi lascia alquanto perplesso.
Al centro
la nostra politica estera degli ultimi anni (e governi) che ha visto grossi stanziamenti di soldi e superamenti di sbarramenti storici e culturali nel nome del futuro comune, a che ha dato indiscutibili favorevoli risultati economico-politici.
E adesso come al solito ci troviamo a dover digerire un grosso boccone controvoglia, che rischia pure di andare di traverso!


Leggendo l'intervento di Vittorio Sgarbi sul Giornale ho trovato nelle sue parole quanto volevo scrivere, e pertanto lo pubblico volentieri e rimando al link originale dell'autore dell'opera e della testata giornalistica:
http://www.ilgiornale.it/esteri/il_commento_io_dico_che_questo__e_conflitto_sbagliato/20-03-2011/articolo-id=512658-page=0-comments=1

Illustre Presidente ritengo mio dovere scrivere oggi, per futura me­moria, il mio pensiero sulla vicen­da libica. Non c’è nessuna buona ra­gione per aderire alla posizione dei volenterosi accettando la risoluzio­ne Onu e seguendo la Nato e gli americani. Obama è ancora una volta, come Bush e Clinton, pronto a un’azione militare. In molti Stati della civile America c’è ancora la pe­na di morte. L’illuminismo si è fer­mato. Ciò che era chiaro a Cesare Beccaria e ad Alessandro Manzoni non è stato completamente com­preso dalla democrazia america­na. Lo Stato che uccide non risarci­sce il torto subito. Impone la sua for­za con lo stesso arbitrio del crimina­le.


Nessuno può disporre della vita di un altro. Perché dovendo distinguere gli italiani dagli americani, risalgo a po­sizioni così lontane? Perché è evi­dente che la retorica con cui si fa ri­ferimento alle inermi e indifese po­polazioni civili sotto l’attacco mili­ta­re di Gheddafi esclude che lo stes­so comportamento, con analoghi ri­schi, possa essere assunto con la no­bile motivazione di difendere il po­polo libico. Non parlo per questio­ni di principio. Mi riferisco alle tan­te azioni, in particolare in Irak, che hanno reso odiosi gli americani per­ché le loro bombe contro il dittato­re hanno, non raramente, colpito ci­vili. Il delirio guerrafondaio di Sarkozy oggi, e il rigore di Obama minacciano identici rischi. Si può bombardare senza uccidere, an­che con le migliori intenzioni. Bom­bardare anche senza milizie di ter­ra, cui almeno si risparmia la vita (quanti italiani sono morti nelle missioni di pace?) vuol dire essere inguerra.

E non c’è nessuna buona ragione di concedere ad americani e francesi le nostre basi di Gioia del Colle, Trapani, Sigonella. Malta che, con noi è il Paese più vicino e più a rischio, non consentirà l’uso delle basi.Perché l’Italia sì?Sarà op­portuno ricordare che già la Libia ha sopportato un lunghissimo em­bargo e già si era imposta dall’Onu una no fly zone . Ecco perché scrivo ora. Quell’embargo,quella no fly zone io li violai nel 1998 con una impresa temeraria che ful’iniziodello scon­gelamento dei rapporti fra l’Italia e la Libia prima con Prodi e Dini, poi con D’Alema, poi con Berlusconi e ancora con Prodi e con Berlusconi. Tutto il mondo ha assistito a questa evoluzione che ha interessato an­che Francia, Inghilterra e persino l’America. Gheddafi, sempre lo stesso, era diventato buono? No.

Si era preso atto di una situazione con­solidata e della necessità di trovare un alleato sicuro contro gli sbarchi di clandestini che interessano pre­valentemente se non esclusivamen­te l’Italia, non l’America. Anche in questo diverso. Perché allora oggi scoprire che Gheddafi non è un leader democra­tico? Non lo è mai stato. Come non è una insurrezione di popolo, per un risorgimento (come si illude non so quanto credendoci Napoli­tano), la rivolta delle città libiche contro Gheddafi. Si tratta come san­no gli osservatori più informati di una guerra fra tribù in un complica­t­issimo sistema che muove interes­si del tutto estranei a quelli del po­polo. Se Gheddafi cade non sarà una democrazia a determinare il nuovo potere ma un intreccio di al­leanze di famiglie che prenderan­no il potere contro il popolo stabi­lendo un altro regime.
Voglio ricor­dare che quando andai la prima vol­ta inLibia prima di violare l’embar­go con un lunghissimo ed estenuan­te viaggio, prima ancora di mostra­re a me e alla mia delegazione i su­blimi siti archeologici di Leptis Ma­gna, di Sabratha, di Cirene, Ghedda­fi ci indirizzò come a un santuario al «museo» cui più teneva: la sua ca­sa bombardata dagli americani, mi pare nel 1987, per tentare di cacciar­lo come vogliono fare ora. Non ci riuscirono, come si è visto. Ma in quella casa morì, con altri libici, an­che la figlia di Gheddafi. La morte di un soldato in guerra è tragica, ma è nelle cose; la morte di un cittadino inerme o di un bambi­no, non è accettabile. Bombardare equivale a un atto di terrorismo: è colpire alla cieca, colpire chi non si può difendere e colpire chi è inno­cente. Far pagare ai cittadini, come con le limitazioni derivate dagli em­barghi, le colpe del dittatore.

Se tale era, come fu a partire dal suo colpo di Stato, e come è, non bisognava in nessun momento scendere a patti con lui.L’abbiamo ricevuto,onora­to. È stato visitato e ossequiato, da D’Alema come da Berlusconi.Oggi noi, che siamo i più esposti, non ci possiamo permettere di voltargli le spalle riconoscendolo improvvisa­mente come criminale di guerra, quale era già stato, per esempio, con il caso Lockerbie. Dopo Gheddafi non c’è la demo­crazia, c’è la deriva come in Soma­lia. Ci saranno altri colonnelli. E le nostre coste sempre più indifese. Ma soprattutto, concedendo le ba­si, saremmo complici di tutte le morti inevitabilmente causate dai bombardamenti. Per difendere i li­bici da Gheddafi, diventeremmo come lui.

Potrà così avvenire che lui si salvi e che noi uccidiamo inno­centi, esattamente quello che si at­tribuisce alla sua azione militare in casa. Per eliminare Gheddafi, usan­do le stesse armi (di aria, certo, non di terra!) diventeremo come Ghed­dafi. L’unica strada resta dichiarare come la Germania e Malta la non belligeranza e lasciare a francesi e americani la decisione di un altro scellerato attacco in nome della de­mocrazia e della libertà (la loro, non quella del popolo libico).

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