E' difficile affrontare tematiche collegate alla morte da suicidio, magari di persone conosciute. Ho ammirato la saggezza di Vittorio FELTRI che traspare da questo pezzo.
di Vittorio FELTRI
Noi di una certa età abbiamo un privilegio:
quello di ricordare ciò che i giovani non sanno o sanno poco e
confusamente. Ieri, quando ho letto sulla Repubblica
che Lucio Magri era morto suicida in Svizzera, assistito da un medico
amico in una struttura idonea a quel genere di pratica odiata dai
cattolici, il mio primo pensiero è corso agli anni Cinquanta e
Sessanta, quando lui, Lucio, era democristiano e passeggiava lungo il
Sentierone, a Bergamo (città nella quale abitava), con un gruppo di
amici del partito. Era un giovane avvenente, brillante, e molte ragazze
se lo mangiavano con gli occhi.
Già. Magri cominciò la sua carriera politica nella Dc, anche se non aveva le stigmate del baciapile orobico, forse perché
originario di Ferrara. Evidentemente era cattolico, come quasi tutti i
bergamaschi, di nascita o di adozione, in quegli anni in cui l’odore
dell’incenso e del fumo di candela sovrastava quello della polenta. Ma
gli uomini per fortuna, o per disgrazia, cambiano idea con facilità.
Lucio la cambiò. E da virgulto dello Scudocrociato, che gli avrebbe
assicurato un futuro comodo e agiato, divenne un dirigente comunista.
Ma anche nel Pci assunse posizioni eretiche e fu radiato con vari
compagni, gente di qualche peso, tra cui Rossana Rossanda, Luciana
Castellina e Luigi Pintor. E fu con loro tra i fondatori del Manifesto, mensile
divenuto quotidiano e movimento politico. Non spesso, ma a Bergamo
egli tornava e si incontrava, ovviamente sul Sentierone, con vecchi
compagni: Eliseo Milani, deputato del Pci e del Manifesto ( morto pure
lui) e Carlo Leidi, notaio rosso (morto pure lui). Ecco la tragedia:
avere buona memoria significa avere in testa una fila di lapidi. Una
sera Leidi m’invitò a cena (nella sua cascina sobriamente restaurata)
nonostante passassi per un avversario politico: ero considerato
socialista perché dirigevo Bergamo Oggi , foglio scapigliato e
concorrente fastidioso del curiale Eco .
A tavola sedevano anche Lucio Magri ed Eliseo Milani, che conoscevo
superficialmente: qualche parola scambiata al Balzer, il locale
all’epoca più frequentato. Milani era burbero all’apparenza e, di
fatto, un giocherellone. Magri era un tipo
elegante,curioso,dall’eloquio forbito: mi rivolse una raffica di
domande sul giornale che facevo e sulla mia esperienza al Corriere.
Poi la conversazione, dominata da Leidi, scivolò presto in politica.
Argomento centrale: Craxi, il craxismo, la sinistra, Milano da bere. Le
solite cose di quegli anni. Lucio mi sembrò, fra tutti, il più sereno,
distaccato, direi obiettivo. Non alzò mai la voce che, comunque,
tradiva una certa passionalità. Si concesse qualche digressione
improntata a pessimismo sul futuro della sinistra. Era scettico sulle
possibilità dell’eurocomunismo e del compromesso storico di aprire una
nuova strada politica. Diciamo pure che era negativo su tutto ciò di
cui discutevamo.
Complessivamente, Magri mi fece - per quel che cont a- una buona
impressione. Lo rividi una mattina all’aeroporto, Orio al Serio, da cui
decollammo per Roma. Facemmo quattro chiacchiere che confermarono il
mio giudizio su di lui: un gentiluomo, amabile e garbato. Adesso che lui
è morto nel modo che sappiamo, immagino le polemiche, le riprovazioni,
le condanne. Ne faremo indigestione.
In questo nostro strambo Paese, dove i libertari si sono convertiti
al bigottismo, i postcomunisti amano il puritanesimo, la destra ex
fascista si apparenta con la sinistra, e il conformismo è il
denominatore comune di tutti quanti, non solo non si può più andare a
donne ( perdonate l’espressione volgare e antiquata: serve per capirsi
al volo) ma nemmeno decidere come crepare. Vietato.Magri è stato
un’eccezione, un vero ribelle che non posso nascondere di apprezzare,
ammirare. Si ribellò al piattume democristiano quando la Dc era
potente, si ribellò al Pci quando era al massimo del fulgore (chiunque
scommetteva sul trionfo del marxismo) e, coerentemente con la sua
sublime incoerenza, si è ribellato all’idea che togliersi la vita sia
un sacrilegio. Ma quale sacrilegio? È una scelta. Deprecabile?
Deprecate, deprecate, però non negate a una persona responsabile,
lucida e consapevole il diritto di porre fine alle proprie
sofferenze.
Ciò che non ho ancora detto, ma mi affretto a farlo, è che Magri era
depresso. Forse lo era sempre stato (qualche sintomo del mal di vivere
forse lo avevo intuito in lui), di sicuro lo era di più dal giorno in
cui la moglie, Mara, fu portata via da un tumore. Come si fa a non
comprendere lo stato d’animo di un uomo che in 79 anni di vita ha visto
svanire ogni sogno? Il partito cattolico è scomparso, il comunismo è
fallito, il capitalismo fa schifo ma è ancora qui a far danni, la moglie
non c’è, la giovinezza è sfiorita da lustri, il desiderio di combattere
è scemato, il futuro è un vicolo cieco e angusto: ma per quale motivo
Lucio, non potendo più appoggiare la testa sul seno di Mara e sentirne
il calore, avrebbe dovuto stare qui ancora, magari fissando ore e ore
il soffitto della stanza? Perché avrebbe dovuto seguitare a
trascorrere notti e notti insonni tentando di respingere i tetri
pensieri che il cervello mette in circolo, sempre gli stessi, sempre
più cupi e ossessivi? In attesa di chi e di che cosa? Del Natale? Della
visita dei nipotini?Di un’altra malattia in aggiunta alla depressione
che, se ti piglia, t’ammazza dentro, dopo averti strappato anche il
desiderio di un caffè e di respirare l’aria fredda del mattino?
Immagino il rovello di Lucio. Vado in Svizzera a farla finita? Massì.
Vado. Poi, quando sarà arrivato lì la prima volta, avrà avuto paura:
non di morire, questo no, ma del protocollo da rispettare per fare il
salto nel nulla liberatorio. E sarà tornato sui suoi passi. Ma il
tormento non gli avrà dato tregua. Cosicché, altro viaggio in Svizzera.
E avrà recuperato la forza di bere il calice della morte, mentre i
medici lo idratavano per rendere meno aspro il sorso dell’addio. Non
pietà, onore a Lucio Magri.